
All’origine, la cucina povera nasce da una necessità; come lo indica l’espressione, proprio da una mancanza di risorse e quindi di possibilità. Si pratica la cucina povera non per scelta ma proprio perché non c’è altra scelta possibile.
Sono convinta che dalle difficoltà, dagli ostacoli nascono grande idee. È perché siamo costretti a pensare diversamente, che dobbiamo impegnarci a trovare delle alternative, sfruttando la nostra creatività. Si chiama genio umano. Nella la storia, tante scoperte sono state fatte in queste condizioni; tarte tatin, panettone ma anche altre invenzioni pratiche che usiamo ancora ad oggi.
Oggi, la cucina povera è tornata sul palcoscenico. Purtroppo non credo che corrispondi ad una buona notizia in un certo senso; torna perché il potere d’acquisto tende a diminuire, le disuguaglianze a rafforzarsi, la fame a sentirsi più diffusamente per chi incontra difficoltà economiche. È molto triste pensare che ancora nel 2025, c’è gente che deve fare delle concessioni sul nutrirsi. D’altro canto, se vogliamo tenere duro e optare per un pensiero più ottimista, questo ritorno della cucina povera significa ritrovare buon senso, moderazione, adottare una forma di consapevolezza del cibo che consumiamo, rinunciare agli eccessi passati, rallentare, apprezzare di più, far valere di più la qualità versus la quantità.
In effetti, la cucina povera ci richiama la cucina di una volta, quella delle nonne che hanno conosciuto la fame e imparato con l’esperienza a valorizzare qualsiasi cibo così da non sprecarlo mai. Ed è giustissimo. È un pensiero che andrebbe diffuso e sostenuto da ciascuno di noi in quanto cruciale per la sostenibilità delle nostre società.
Esistono migliaia di ricette per riciclare il cibo avanzato e non solo le possiamo riprodurre perché trasmesse dalla nostra famiglia, ma perché esistono molti libri dedicati ad esse, oltre alla nostra capacità di reinventarle noi. Panzanella, pudding di panettone, polpette di pane, pappa al pomodoro, ribollita, pain perdu, frittata di pasta, torta paesana; non mancano gli esempi di portate genuine e gustose per declinare gli avanzi in vari modi. Se uno ci pensa, la pasta mista che troviamo oggi nei supermercati, originariamente nasce dagli avanzi di vari tipi di pasta che vengono mescolati insieme, quindi per necessità, non per una questione di fantasia. Vorrei anche citare il pane sbriciolato o i taralli spezzati che si mettevano nella pasta una volta perché il formaggio non era accessibile a tutti. Oggi, sono portate che si trovano spesso sui menù, qualche volta reinterpretati in chiave moderna in locali eleganti.
Credo che si trai una soddisfazione ancora maggiore quando ci si riesce a dare una seconda vita al cibo che è rimasto. È come una piccola vittoria sullo spreco, un modo di scoprire nuovi abbinamenti e modi di cucinare e di onorare gli alimenti.
Penso sempre alla catena di valore del processo di produzione alimentare. Dalla pianta o animale, al lavoro sodo dell’agricoltore o elevatore, alle aziende di commercializzazione, fino al consumatore finale. Quante tappe, quante ore di lavoro, di risorse naturali, di energia spesa per arrivare al nostro piatto servito a casa o al ristorante? Le esternalità sul pianeta sono anche notevoli e non dovrebbero mai essere sottovalutate o trascurate. Questo pensiero ci porta a riconoscere il valore inestimabile del cibo e del suo ruolo fondamentale per noi esseri umani, nel darci i nutrimenti e fonti di energie essenziali al nostro benessere e, per estensione, alla nostra sopravvivenza.

Massimo Bottura, grande chef che non presentiamo più, è anche una persona i cui impegni e valori sono tutti da salutare. È stato uno dei primi chef a sottolineare quanto il cibo è una risorsa preziosa che richiede cura e rispetto. Il suo approccio alla cucina testimonia di una grande attenzione agli ingredienti e al non sprecarli mai. Attorno al suo progetto « Food for Soul » ed i vari refettori ormai spalmati in tutto il mondo, afferma con maggior determinazione ancora la nobiltà del cibo, oltre ad innescare la sua dimensione sociale, di inclusione ed integrazione. Ammiro tanto il suo modo di comunicare e di agire concretamente nel preservare il cibo, sensibilizzare le persone al riuso, al buon senso in cucina, alla consapevolezza del suo valore ed impatto sul pianeta. Più che mai, abbiamo bisogno di ambasciatori di un cibo buono e genuino che lo custodiscano nei loro mestieri e messaggi.
Il periodo estivo ce lo ricorda ogni anno, quando arriva il momento di svuotare il frigorifero e le confezioni e barattoli aperti; come usare la verdura e la frutta? Tutte queste ricotta, marmellate, olive, salse? Lasciamoci prendere dal delizioso gioco di assemblaggio dei sapori, a caso, come ci pare, oppure cercando qualche ricetta nuova che ci farà assaporare sapori forse nuovi, ma sicuramente buoni, da riprodurre magari anche al rientro delle ferie, quando di nuovo torneremo a fare la spesa per riempire gli armadi e frigoriferi delle nostre cucine!
Di seguito, un piccolo elenco di libri e contenuti che celebrano la cucina povera:
- Il pane è oro, Ingredienti ordinari per piatti straordinari – Massimo Bottura & Friends, ed. Phaidon, 2017
- Piatti poveri, ma buoni. Le ricette delle origini – La cucina italiana
- La cuisine italienne, un modèle de gastronomie durable ? avec Alessandra Pierini – Ecotable
- Dagli avanzi ai piatti gourmet: la storia della cucina povera diventata alta gastronomia – Brindando
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