I sapori da ricordare

Per gli irriducibili amanti del buon cibo

Il mercato; luogo di tradizioni, sapori e umanità

Alzarsi all’alba ed andare al mercato a comperare la frutta, verdura, i formaggi, le uova, il miele e tanto altro… Per me è un’abitudine molto cara che mi mette subito di buon umore e che mi stupisce sempre. Guardo le bancarelle e penso a tutta la ricchezza che la natura ed i nostri territori ci offrono ad ogni stagione dell’anno. Penso anche ai saper fare, alle eccellenze, alla passione delle persone, alla loro dedizione, talvolta lunga generazioni.

Ognuno ha i propri rituali, passaggi di obbligo, riferimenti, laddove si trova “il miglior pecorino, la frutta più succosa, il pane più aerato e fragrante che ci sia…” C’è chi è chiamato per nome, chi si trova lì per la prima volta e ha tutto un mondo da scoprire.

Il tempo è sospeso, non c’è più la fretta che abbiamo di solito andando al supermercato. In quei momenti, c’è voglia di godersi l’esperienza, di valutare bene la frutta, di chiedere informazioni e consigli. Fermarsi a chiacchierare un po’, raccontare il modo in cui uno ha cucinato il pesce comprato l’altra volta, il ricordo dell’assaggio di quelle deliziose pesche bianche… I commercianti conoscono i loro prodotti e sono sempre ben lieti di raccontarci un po’ di più di come va la stagione, le condizioni meteorologiche, di come cucinare tale ingrediente, di suggerire abbinamenti sempre giusti. Provo una grande ammirazione per loro che si alzano prestissimo, che prendono la strada sui loro furgoncini per poi installare le loro bancarelle, disporre i prodotti e accoglierci. E’ un lavoro faticoso che fanno ogni giorno dell’anno, che ci sia un sole splendente o un tempaccio che ci invita solo a stare sotto le coperte.

Ho notato che andando al mercato, scoprivo dei prodotti che non avevo mai assaggiato come il cavolo nero, gli agretti… Ho riscoperto la vera stagionalità della verdura e frutta. Mi riempie di allegria notare il ritorno delle fragole, degli asparagi, delle fave e piselli che segnano l’arrivo della primavera. In autunno, le tante varietà di zucche, i funghi. Ogni volta, le mie visite al mercato stimolano la mia voglia di cucinare sapori stagionali, tornare alle ricette che per mesi non avevamo più mangiato. Pensare al risotto che farò con l’insalata di Treviso, alla bontà di questo gorgonzola cremoso e filante che spalmerò su una fetta di pane integrale, al piacere di croccare dentro una fetta di anguria bella rosa. L’esperienza è infinitamente sensoriale.

Poi, c’è la vita, l’animazione, le grida dei commercianti che invitano a degustare i loro prodotti. Amo in particolare quei mercati un po’ popolari in cui si sente battere il cuore di un quartiere. I vecchietti con i carelli, le famiglie con i bimbi, chi torna dallo sport ancora in tuta che si ferma a fare un po’ di spesa… Ed io che osservo tutta questa vita attorno a me, oltre alle eccellenze che ci circondano. Non faccio mai una lista delle cose che mi servono, so che ho bisogno di frutta e verdura e magari di un po’ di formaggio, frutta secca o pane; preferisco lasciarmi ispirare da quel che vedo, da quel che il mio stomaco mi chiede. E’ tutto più spontaneo e entusiasmante perché si compra con una gran voglia, spesso immediata di queste melanzane belle tonde, di queste pere arrivate a piena maturità, di provare quel pane con un grano speciale. Sono anche tornata a comprare il pollo all’arrosto che non mangiavo più da anni e che sa sempre di pranzi domenicali in famiglia. C’è poi il pastaio con un’ampia proposta di ravioli riempiti con sapori dai più tradizionali a quelli più fantasiosi. Ci stupiamo sempre della qualità alta di ciò che assaggiamo, dalla freschezza degli ingredienti. E’ come ritrovare i sapori antichi, di quelli veri e genuini che scaldano in un attimo i cuori.

Ci sono dei mercati storici che fanno anche la reputazione di una città. In Francia c’è addirittura una trasmissione dedicata all’elezione ogni anno del “Mercato più bello di Francia”, che viene seguita molto, e sostenuta dagli abitanti con fervore ed energia. Tutti siamo consapevoli del loro valore impagabile, della loro dimensione storica e sociale che anima i quartieri e che nutre, letteralmente, le persone. E’ patrimonio dell’umanità, un bene prezioso da custodire. Palermo, Napoli, Firenze sono altri esempi di città che accolgono mercati vecchi secoli in cui è sempre bello perdersi pur non avendo niente da comprare.

Per alcuni, questo rituale va di pari con il periodo di ferie, quando il ritmo rallenta e che ci “autorizziamo” a tornare a prendere il tempo. Per altri, è un’abitudine da sempre, un appuntamento fisso che viene ripetuto ogni settimana e negli anni. Credo che in ogni caso sia un momento sinonimo di gioia, interazioni sociali e golosità. Penso anche a quelli che restano al mercato per ore, solo per il piacere di vivere il luogo la mattina intera, perché si succedono più atmosfere, perché è un luogo vivo e bello per la vita che racchiude dentro di sé. Si incontrano amici, conoscenze, ci si ferma al bar per un caffè e forse anche alla fine del mercato per un aperitivo. Per me è l’illustrazione perfetta di una “cité heureuse“, che va oltre le differenze sociali, economiche, demografiche e che raggruppa tutte e tutti senza fare distinzioni. E’ l’illustrazione di una piccola società di essere umani che per un momento mettono da parte la loro quotidianità, le contrarietà, i problemi più seri, lo stress, il sovrappensiero, per lasciarsi immergere in questo piccolo mondo affascinante. Fa bene all’anima finalmente lasciarsi andare ad un po’ di leggerezza e di senso di comunione.

In questo senso, il mercato rappresenta perfettamente la centralità del cibo per noi esseri umani. Ha un potere incredibile su di noi come rarissimi altri fenomeni. Si tratta di una cosa semplice, tramandata negli anni e che non passa mai. Rispecchia le epoche, le persone, le città e la loro evoluzione. Dà a tutti senz’eccezione l’opportunità di uscire di casa, di divertirsi, vedere ed incontrare gente, comprare, con prezzi tendenzialmente onesti, prodotti di qualità. Sembra una di queste rarissime oasi in cui nessuno viene escluso ma in cui ognuno è accolto.

Personalmente, ho ricordi dei miei nonni che andavano invariabilmente, ogni mercoledì e sabato, al mercato del loro quartiere. Tornavano con i prodotti che avrebbero cucinato per noi durante la settimana, andando sempre dagli stessi venditori diventati persone di fiducia. Ripenso a noi quattro in famiglia ai mercati di Provenza a comprare la frutta e verdura estiva in vista del pranzo all’ombra degli alberi, con lo spirito leggero e rilassato. I meloni, le albicocche, le ciliegie, il formaggio locale di capra, un vino rosé da bere fresco all’ora dell’aperitivo. Penso alla mia mamma che ha fatto del mercato un appuntamento fisso tutti i sabati. Ci va prestissimo, anche d’inverno quando è ancora notte tonda, quando le bancarelle hanno appena aperto. Lì i prodotti sono a kilometro zero e vista la regione, serve talvolta aspettare a lungo le prime fragole o asparagi. Io la accompagno sempre con grande piacere perché è bello, davvero bello, scegliere quello che mangeremo, scoprire cosa ci regala la natura al momento, parlare un po’ con i commercianti. Nel 2018, quando studiavo a Milano, andavo al mercato di Sant’Agostino che frequentava una mia amica che viveva lì in zona. Mi aveva convertita a quel mercato grande, molto vivo, con degli eccellenti prodotti. Quando sono tornata a vivere a Milano 3 anni dopo, ci sono naturalmente tornata. Con molta emozione. Era passato un po’ di tempo ma era ancora tutto lì, invariato, mentre io ero cambiata nel frattempo. Oggi, rimane un posto che frequento quasi tutti i sabati che sono qua in città e a cui sono molto affezionata. Per i ricordi, per la sua anima, per le gioie gustative infinite che mi regala.

Dopo aver puntato tanto nell’era moderna sui supermercati che promettevano abbondanza ed accessibilità dopo anni di privazioni, rivoluzionando la spesa delle nostre società, oggi quel modello ci ha un po’ stufati. Forse con la pandemia, essendo limitati nei nostri spostamenti, ci siamo riavvicinati ai piccoli artigiani di quartiere – questo soprattutto in Francia, perché noto che in Italia quest’abitudine è comunque rimasta molto viva – e abbiamo riscoperto il loro valore. Erano i soli contatti che ci erano concessi. Abbiamo capito in quel periodo mai visto prima quanto è cruciale lo stare insieme, che vivere in città non significa essere tutti anonimi privi di contatti tra di noi. Siamo semplicemente tornati alle cose essenziali che sono il sale della vita.

Lunga vita ai mercati e grazie a tutti quelli che li rendono quel che sono!

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