
Aprire le porte di casa non è mai un gesto banale. Se uno ci pensa, significa far entrare nella propria intimità le persone, dar a vedere quello che costituisce il nostro piccolo mondo impronto dalle nostre abitudini quotidiane e varie scelte estetiche. Una casa rispecchia tanto una personalità.
Scrivo questo articolo di seguito alla cena di ieri sera con una mia cara amica che ho invitato a casa e che mi ha fatto ripensare a quanto è bello invitare parenti e amici da sé.
Per quasi quattro anni ho vissuto a Parigi in spazi estremamente ridotti – in quelle famose chambres de bonnes sotto i tetti di 15m2… – come tanti. Questa particolarità spiega in buona parte perché è poco usuale ricevere a casa mentre è molto più comune ritrovarsi fuori dopo lavoro, in qualche bar o ristorante. A Milano, ero tornata a convivere nell’idea di conoscere gente e di crearmi a poco a poco un circolo di amici. Lì ho invitato più persone a casa a cena e ho ritrovato – se non scoperto – la gioia dell’invitare, preparare e ricevere. Adesso che ho da quasi ormai un anno una casa tutta mia, per la prima volta in vita mia, posso dire che è un’esperienza bellissima.
Mi piace pensare al menù considerando la o le persone che ho invitato, eventuali intolleranze o allergie alimentari, cibi proibiti, preferenze, stagionalità, mood… In funzione di questi elementi, vado poi a fare la spesa puntando su prodotti di qualità, alcuni semplici, altri più ricercati, un po’ fuor dal comune, perché voglio sempre comunque dare un tocco di unicità alla mia cena, pur essendo senza pretese alcune. Ricevo per il piacere di stare con la gente e di mangiare bene ma mai per dimostrare chissà cosa a livello culinario. E’ innanzitutto un momento di ritrovo, di intimità, leggero e profondo al contempo; una felice parentesi nel quotidiano, come un’invitazione a rallentare e a godersi la compagnia dei nostri cari.
Credo fermamente che gli inviti a casa abbiano un carattere speciale, ancora di più rispetto ad un’uscita fuori casa. Oltre a bloccare una data in agenda e a dedicare del tempo agli ospiti, c’è anche l’intenzione. Quando invitiamo qualcuno a casa lo si fa perché ci sentiamo in confidenza, perché abbiamo proprio a cuore di passare del tempo con la persona e di impegnarci per riceverla nel miglior modo possibile. Dietro un invito c’è molto di più che una semplice invitazione. C’è attenzione, cura, sincerità perché si svolge a casa, nella sfera più personale che ci sia.
Può anche essere l’invito di ultimo minuto perché l’improvvisare è sempre bello quando la compagnia è bella. Alla fine, ci si rende conto che basta poco per passare un bel momento; qualcosa da stuzzicare senza troppi impegni, subito pronto o da preparare all’ultimo impegnando poco tempo, una bottiglia da sbocciare… Mi fa pensare ad un evento successo pochi mesi fa a casa dei miei; gli ospiti che dovevano portare l’aperitivo se lo erano dimenticati a casa. Nessun problema, ci penso io, tanto una soluzione c’è sempre! Taglio qualche fetta di pane, spalmo ricotta, pesto, aggiungo erbe, pomodori secchi, olive, olio di oliva, qualche nocciolina e ci siamo. Quel tipo di evento porta a pensare che le cose semplici hanno un sapore unico, che di una “disavventura” può nascere un ricordo divertente, che se siamo qua per condividere un pasto insieme, lo siamo innanzitutto per ritrovarci.
Al contrario, quando l’invito è stato pianificato, allora mi impegno e lo faccio più che volentieri, proiettando già come sarà il momento. Mi piace sfogliare La cucina italiana e trarne qualche idea di ricetta, controllare qualche post Instagram che mi sono salvaguardato per un domani, immaginare mentalmente delle associazioni di sapori e concretizzarle. E’ bello poi mettersi in azione, pensare a da dove iniziare, se cucinare il dolce prima degli antipasti, se aggiungere un ingrediente che ci viene spontaneamente in mente anziché un altro, scegliere i piatti, le ciotole, assaggiare le preparazioni ed eventualmente aggiustarle. Ultimamente, mi segno i menù sul mio cellulare per avere maggiore chiarezza su cosa ho previsto, verificare che le quantità siano giuste, che i sapori si abbinino bene tra di loro ed assicurarmi che non mi stia dimenticando nulla. Mi diverto molto a pensare all’organizzazione di una cena tappa dopo tappa.
Quando arrivano gli ospiti, adoro iniziare con l’aperitivo con delle bollicine o un Campari, qualche piattino con delle salse fatte in casa, focacce, grissini artigianali, verdura cruda, olive, lupini… Mi piace quando si beve l’aperitivo a lungo, senza fretta, come introduzione al pasto, perché si sta bene, perché c’è tempo, voglia di spensieratezza. Crea proprio un distacco con le giornate impegnative, con la vita frenetica che affrontiamo a periodi. Arriva poi il primo piatto, sempre in maniera informale, tranquilla, e mi piace perché ogni piatto solleva delle domande, suscita curiosità, stimola l’appetito sia per i profumi che per l’aspetto visivo della portata. Mi ha sempre affascinata l’abitudine che abbiamo in comune in Francia come in Italia di parlare tanto di cibo, sempre, a qualsiasi momento della giornata, ma soprattutto pur essendo a tavola a mangiare. Credo che siamo tra i rari popoli capaci di dibattere per ore su quale formaggio preferire per una determinata ricetta, sul vino bianco degustato in cantina durante una vacanza, sul bar dove il caffè è spettacolare, su come uno fa una ratatouille o una caponata.
Non posso non parlare del vino, vero protagonista di quei momenti. Quello che ho scelto io o che qualche ospite a portato e anche lì; è bello vedere gli aneddoti che si raccontano, il momento della degustazione e le prime impressioni, anche se non sto parlando di grandi cuvée ma spesso di vini umili, scelti con attenzione. L’alcool porta con sé un po’ di questa sana leggerezza a cui aspiriamo tutti. La mia unpopular opinion (lo è davvero?) è che sì, per me, non può mancare un po’ di alcool, sia all’aperitivo che con le altre pietanze di una cena. Porta gioia, freschezza, convivialità. Si scoprono abbinamenti favolosi. Vini e liquori completano e sublimano i sapori. Qualche volta fanno anche parte integrante di una ricetta come formaggi e passito, cantucci e vin santo, babà al rum… Naturalmente, se uno non lo regge o non lo desidera, esistono alternative – sempre più interessanti tra l’altro! – e mi adeguo, ma mi vedrete sempre a ora di cena in compagnia con un calice di vino a brindare!
Sono occasioni in cui c’è un’atmosfera bella che evolve durante le ore trascorse insieme, tra le prime chiacchierate dell’arrivo, gli ultimi aggiornamenti, le risate, le conversazioni più profonde, fino a quelle in cui vorremmo rifare questo mondo, all’ora dell’amaro e del caffè. C’è un qualcosa di poetico e di profondamente umano in quei momenti che mi fa sempre sentire felice e grata verso la vita. Per le persone che mi ha offerto di conoscere, per il momento appena passato insieme, per l’energia che mi dà, per i pensieri che genera in me, per i sogni che mi ispira. Credo che il cibo dia spessore ed intensità a quei momenti, che abbia un valore impagabile nel riunirci e renderci un po’ sognatori, con l’anima più romantica del solito ed un ottimismo rinnovato.
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