La cucina è un’esperienza altamente sensibile che coinvolge tutti i sensi. In primis, c’è palesemente il gusto. I sapori che si offrono alla prima forchettata. Quelli immediati, gli altri di sottofondo e quelli finali, con una persistenza più o meno esacerbata. Poi il naso che viene a stimolare l’appetito, che riesce a creare delle immagini ed aspettative solo annusando odori. Se uno ci pensa, è incredibile il potere che hanno gli odori a scatenare tutta quell’immaginazione…
La cucina è un’esperienza altamente sensibile che coinvolge tutti i sensi. In primis, c’è palesemente il gusto. I sapori che si offrono alla prima forchettata. Quelli immediati, gli altri di sottofondo e quelli finali, con una persistenza più o meno esacerbata. Poi il naso che viene a stimolare l’appetito, che riesce a creare delle immagini ed aspettative solo annusando odori. Se uno ci pensa, è incredibile il potere che hanno gli odori a scatenare tutta quell’immaginazione…
Al di là dei sensi, c’è una dimensione che ritengo di prima importanza durante un’esperienza gustativa. Che coinvolge più sensi e che può essere determinante. Voglio parlare dell’accoglienza, della professionalità del personale di sala, della sua disponibilità, gentilezza ed accortezza. Uno può anche mangiare molto bene in un locale ma se dovesse sperimentare un servizio scarso, poca considerazione, si rovina in un attimo l’esperienza e uno si promette di non tornarci più.
Con gli anni, sono diventata sempre più attenta al modo in cui vengo accolta in un posto. Sarà forse perché pranzo e ceno ogni tanto da sola. Se il personale ha a cuore di soddisfare le mie esigenze, di offrire un momento autentico, spensierato e sincero. Adoro le piccole attenzioni, di quelle fatte con delicatezza, nell’unico scopo di dare un qualcosa in più per far stare bene i clienti. Per molti sembreranno piccoli dettagli, non necessari, per me invece, sono l’apice dell’eleganza intesa come educazione, senso del servizio e dedizione. Non mi aspetto di essere trattata come una principessa e non credo neanche che il cliente sia sempre il “re” i cui desideri devono essere soddisfatti ad ogni costo. Ma tra questa visione esagerata e la sgarbatezza tipica di alcuni posti, penso che esista una via di mezzo.
Ma com’è bello quando uno viene accolto a braccia aperte? Con il sorriso come se la tua presenza fosse stata attesa con ansia, come si fa con gli amici di una vita… Devo ammettere che non si tratta solo di atteggiamento ma che buona parte dell’esperienza dipende dalla professionalità del personale. E lì, per arrivarci, ci vuole molto. Di esperienza, di tempo, sensibilità, buon senso e impegno.
Recentemente, cercando un ristorante sulla costiera ligure dove poter cenare durante la mia permanenza del week-end del 2 giugno, ho trovato un posto che ormai è del cuore. Mi riferisco a Da O Vittorio1, un albergo che fa anche bistrot e ristorante, a Recco. Un’istituzione storica che tramanda la tradizione della focaccia col formaggio di Recco alla perfezione. Ma non solo. Appena ci si entra in quel posto, sembra di entrare in un mondo fermo nel tempo. Uno riesce ad raffigurarsi quanti ospiti, quanti momenti di vita sono stati vissuti lì. C’è un’atmosfera fuori tempo, un anima autentica con questo tocco di eleganza e di tradizione che combaciano unico. E’ il tipico tipo di luogo di cui mi affeziono tanto perché mi ricorda tempi passati, tempi felici in famiglia, con quelli che adesso non ci sono più, momenti irrepetibili per cui, ancora più preziosi. Ogni dettaglio ricorda il ricco passato di Vittorio, fa sorridere ed emozionare. Sono sempre profondamente ammirevole delle persone che riescono ancora ad oggi a far sì che la tradizione non sparisca, che venga proposta invariabilmente anche in un’epoca come la nostra, in cui tutto è veloce, deve essere instagrammabile, proporre altro, sembrare figo. Lì è ancora bella viva quella tradizione; è un orgoglio, un tesoro da custodire, da far evolvere senza trascurare i valori più profondi che ne sono alla base. E’ un equilibrio difficile da trovare. Mica vivono al di fuori di questo mondo, mica sono ciechi e si rifiutano di evolvere. Qualche reinterpretazione c’è, ma è giusta, pensata in maniera consapevole e mai per effetto di moda.
Sono arrivata lì quindi, davanti all’imponente balcone della reception e subito mi hanno fatto sedere e proposto l’acqua. Inizia lì la meraviglia del momento. Io che scruto ogni dettaglio, parete, cameriere, tavolo, ospite. I camerieri sembrano ballare un valzer; leggeri, attivi, discreti, eleganti. Il menù propone un’ampia proposta di specialità liguri e anche il vino è locale. E’ un sabato sera di fine settimana lungo e la gente sembra felice e leggera e solo questa visione mi rende felice anche io. Non potevo non iniziare le festività con l’antipasto sicuramente più mitico del ristorante; la focaccia col formaggio di Recco IGP, fatta in casa. Portata in un piatto ottagonale dall’atemporale eleganza, arrivata bella calda, con il formaggio filante, era squisita. Mi faccio consigliare per il primo; dei taglierini verdi con burro d’alpeggio, acciughe cantabriche fumè e nostrane di Camogli. Una meraviglia di delicatezza, di sapori fini e genuini. Abbinati con un Vermentino fresco sono affascinata dal momento e dalla degustazione. Io che adoro le cene solitarie, stasera mi voglio proprio godere tutto del momento. Credo che ogni mio boccone fosse accompagnato da un mio sorriso. Come spesso succede, ho proseguito e concluso con l’assaggio di formaggi. Erano in tre, tre meravigliosi formaggi regionali, con ciascuno un profilo distintivo dagli altri, serviti con un calice di passito e una mostarda di ciliegina. Favoloso… Caffè, come da tradizione… e un mirto offerto dal proprietario, preso al bar. Ero senza parole, era stato tutto perfetto – succede, tristemente, sempre più raramente da essere notato – , ben oltre le mie aspettative, portavo con me il ricordo indimenticabile di un posto che mi aveva accolta, curata, dato tanti piaceri, dall’inizio fino alla fine. Sapevo già che Da O Vittorio sarebbe stato un posto in cui avrei voluto tornare già appena uscita dal locale.





E’ stata una cena fatta di sapori meravigliosi e di delicate attenzioni che ha innescato tutta la mia sensibilità, tutto l’affetto che ho per quelle istituzioni storiche, che regalano ben più di un pasto. Sono il sale della vita e per questo sono immensamente grata.
Quella cena mi ha lasciato un ricordo così bello che un mese dopo, ho deciso di tornarci non solo per cena, ma anche per dormire. Di solito, temo di essere delusa quando la prima volta è stata così clamorosa, ho paura che quelle sensazioni fossero collegate a motivi speciali, di quelli che capitano solo una volta per un concorso di circostanze. Da O Vittorio invece, non ho mai avuto quel tipo di pensiero, ero intimamente convinta che sarebbe stata un’esperienza meravigliosa ancora una volta.
Spoiler: così è stato. Ho di nuovo mangiato da Dio, facendomi consigliare il primo (taglierini di madia con orata, battuta di pinoli, parmigiano, maggiorana e olive taggiasche), proseguendo con le alici fritte e finendo con questo latte dolce antica ricetta con vino liquoroso. Sapori nuovi ma sempre giusti, bilanciati, che sanno di saper fare e di amore. E poi continua la bellezza con le chiavi, come se fossero di casa, che vai a ritirare alla reception, la stanza elegante, un po’ vintage, il letto grande che ti aspetta per cularti dopo questa bellissima giornata colma di emozioni.
Questo sì che è un posto del cuore, in cui tornerei mille altre volte ad occhi chiusi!
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